giovedì 30 luglio 2009

Filosofia: NIETZSCHE

1 LA DIMISTIFICAZIONE DELLA CONOSCENZA E DELLA MORALE

Il dionisiaco e la storia: al centro dei primi saggi un tema fondamentale è quello della genesi storica della morale e dei valori che caratterizzerà anche molte delle opere successive. Secondo lui il mondo greco non si comprende se non si tengono presenti due diverse anime. Questi due elementi dello spirito greco, distinti e contrapposti vengono definiti rispettivamente apollineo e dionisiaco. Il primo è proprio di una visione del mondo fondata sulla ragione, sull’autocontrollo, ma anche sulla repressione del piacere, degli istinti, della vitalità e della naturalità; il secondo invece al contrario è l’esaltazione dell’entusiasmo per la vita, è la liberazione dell’uomo naturale che gode del corpo e della natura, ma è anche manifestazione di forze distruttive ed istintuali. Sul piano artistico l’apollineo si esprime nelle forme armoniche della scultura, il dionisiaco si esprime nella musica. Apollineo e dionisiaco sono due aspetti dell’animo umano che nella classicità greca hanno trovato una sintesi nella tragedia, dove alla razionalità apollinea della trama e dei personaggi si affianca l’elemento dionisiaco rappresentato dal coro e dalla musica.

Tra il 1873 e il 1876 Nietzsche pubblica le quattro “considerazioni innaturali”. In questo saggio egli descrive tre diverse tipologie di storia: critica, antiquaria e monumentale. Ciascuno di questi modi di studiare la storia può servire alla vita , ma, se utilizzato in maniera non corretta la vita intristisce e degenera. La storiografia critica è utile in quanto consente di riconoscere i limiti e gli errori, ma può essere negativa se impedisce di cogliere i legami che con il passato. La storiografia antiquaria può conservare i legami e alimentare un sentimento di fedeltà alle proprie radici, ma può indurre a una venerazione del passato che si traduce in rifiuto del cambiamento. La storiografia monumentale è quella che del passato enuncia le grandi imprese, gli eroi e i successi. Secondo Nietzsche il responsabile maggiore della divinizzazione dell’individuo è Hegel. Le conseguenze negative della concezione hegeliana della storia sono principalmente due: da una parte il presente risulta necessitato dal passato e dunque nessuna trasformazione voluta dagli uomini è possibile; dall’altra il passato è interpretato come teologicamente indirizzato al presente e perciò privo di un significato proprio. Contro questa concezione della storia Nietzsche sottolinea come la vita abbia bisogno di oblio e di un certo grado di incoscienza, cioè della riaffermazione del possibilee della progettazione del futuro.

La chimica della morale: A partire da “Umano, troppo umano” (1878), per proseguire con “La gaia scienza” (1882), fino alla “Genealogia della morale” (1887) e alle opere degli ultimi anni, Nietzsche sottopone le certezze dell’Occidente all’esame della “scuola del sospetto”. La dimistificazione della morale fa quindi del pensiero di Nietzsche una filosofia della crisi come espressione dell’irrazionalismo ottocentesco. Si è parlato di un periodo illuministico nella su produzione, infatti egli sottopone valori secolari al vaglio dissacrante della ragione. Inoltre il suo pensiero risente di influenze positive; Nietzsche propone infatti un’interpretazione evoluzionistica della morale, intesa come strumento di adattamento per l’autoconservazione. Per Nietzsche la logica, e in generale la scienza, non produce una conoscenza vera del mondo, ma un’interpretazione di esso. Questa interpretazione va considerata nelle sue conseguenze pratiche, nella misura in cui anch’essa è propriamente un insieme di valori; come tale anche alla scienza viene applicata la critica radicale a cui è stata sottoposta la morale, affinché anch’essa possa essere superata. La scienza non rappresenta qualcosa di intrinsecamente vero, bensì un valore a cui si è arrivati a credere. Nietzsche contesta alla radice i principi del Positivismo: la fede nella possibilità di accertare dati oggettivamente fondati, l’affermazione di una verità comunque intesa. Queste certezze non sono altro che una forma di adattamento all’ambiente, nel senso che la visione del mondo prodotta dagli assiomi o dai postulati della scienza consente un’interazione con il mondo che si è rivelata più efficace di altre.

La morte Dio: Nietzsche pone in discussione non una morale, ma la legittimità stessa della morale in quanto tale. La fine di ogni fondamento morale, di ogni significato in qualche modo già assegnato alla vita, è espresso da Nietzsche con l’immagine della morte di Dio. La morte di Dio equivale alla fine di tutti i valori esistenti e al venir meno di ogni punto di riferimento per poterne stabilire di nuovi. Al tempo stesso questo evento esalta la responsabilità umana, perché gli uomini devono essi stessi “diventare dèi” e trovare in sé il “senso” della vita che nessun punto di riferimento esterno può più dare loro: sono gli uomini stessi a dover diventare la sorgente di tutti i valori. È per questo, come leggiamo in “La gaia scienza”, che l’annuncio della morte di Dio non provoca sgomento, ma sollievo, perché rappresenta il riaprirsi delle possibilità, l’emancipazione dell’uomo che, senza più guida, non ha altra alternativa che quella di fondare su se stesso un nuovo senso morale.

2 L’ANNUNCIO DI ZARATHUSTRA

Perché Zarathustra: Così parlò Zarathustra è senza dubbio l’opera più importane di Nietzsche. Zarathustra è un filosofo persiano fondatore della religione dello zoroastrismo. Secondo la tradizione è vissuto intorno al VII secolo a.C. La religione a lui attribuita è monoteista e incentrata, sul piano filosofico, sul rapporto tra l’uno e il molteplice, tra Dio e il Mondo fenomenico. Propone un rigoroso ideale morale, secondo il quale la giustizia garantisce la felicità sia in questo mondo sia in quello ultraterreno. Nietzsche sceglie la figura di Zarathustra perché il filosofo persiano può essere considerato il fondatore della morale. Quest’opera segna un deciso cambiamento di stile. Alla figura del moralista si sostituisce il profeta che non dimostra ma annuncia. Attraverso il racconto di Zarathustra egli esprime le idee fondamentali della propria filosofia: la morte di Dio implica la nascita dell’oltreuomo, capace di dare un senso all’esistenza e di scrivere una nuova tavola dei valori legati alla terra e agli stinti vitali.

L’oltreuomo: il concetto di superuomo è stato variatamente interpretato. Le interpretazioni naziste della filosofia di Nietzsche ha identificato senza incertezze il superuomo con l’uomo ariano, superiore e dominatore nei confronti delle razze. Questa interpretazione sembra in contrasto con alcuni passi in cui Nietzsche critica aspramente la politica tedesca di potenza e valuta positivamente il ruolo degli Ebrei nell’Europa dell’epoca, condannando con decisione l’antisemitismo. Le interpretazioni del secondo dopoguerra sono concordi nell’intendere e nel tradurre il termine Ubermensch come oltreuomo, cioè come stato ulteriore dello sviluppo umano, come superamento dello stadio in cui l’uomo riceve dall’esterno il proprio destino e il senso del mondo, diventando egli stesso creatore di valori. . L’uomo al quale si rivolge Zarathustra è colui che sa farsi fondamento dei valori , l’uomo trasformato, che dopo aver subito passivamente l’ultraterreno che egli stesso aveva creato e dopo aver trovato il coraggio di distinguerlo, può affermare in fine se stesso. L’uomo deve essere perciò un passaggio, un tramondo. Deve cessare di essere quello che è e trasformarsi. Egli infatti subisce tre tipi di metamorfosi: il cammello che rappresenta l’uomo che porta i pesi della tradizione e che si piega di fronte a Dio e alla morale. Il leone rappresenta l’uomo che si libera dei fardelli metafisici ed etici. Il fanciullo in fine rappresenta l’oltreuomo ossia colui che ha innocenza ludica e che sa reinterpretare la vita al di là del bene e del male. L’uomo è quindi un ponte verso uno stadio di sviluppo superiore, come la scimmia è stata un ponte tra l’animale e l’uomo.

L’eterno ritorno: il passaggio dall’uomo all’oltreuomo implica una rottura ossia una separazione netta rispetto al passato. In così parlò Zarathustra, Nietzsche descrive questo passaggio ricorrendo a una serie di immagini metaforiche, come quella del pastore a cui un serpente è penetrato in gola. Il pastore prova a tirare, ma non riesce a strapparsi dalla gola il serpente, finchè, ubidendo al grido di Zarathustra, lo morde staccandogli il capo e riuscendo così a liberarsi. Il serpente simboleggia la vecchia morale : ci soffoca, ma è ormai così saldamente radicata in noi che solo un gesto di rottura può liberarcene e farci nascere a nuova vita. Questa porta alla teoria molto controversa dell’eterno ritorno dell’uguale. Nietzsche afferma che ogni fatto, ogni evento della nostra esistenza, è destinato a tornare infinite volte per l’eternità. Per lui l’eterno ritorno è un richiamo alla responsabilità enorme che ognuno deve affrontare in ogni momento della propria vita. Con questa teoria ognuno è posto ora e in ogni momento della propria vita, come se fosse all’inizio di un’eternità in cui ogni scelta e ogni gesto è destinato a ripetersi all’infinito. Ogni uomo instaura l’eterno ritorno, ponendosi all’inizio del processo. Ogni uomo deve quindi vivere in modo da dare il proprio significato, a ogni istante della sua vita. Al contrario chi vive per il dovere e per la morale, vive per il futuro, non per il presente. In questo caso il rivivere eternamente ogni istante della propria esistenza sarebbe avvertito come angoscia. Il vero soggetto dell’eterno ritorno è l’oltreuomo ed è quindi possibile riuscire ad accettare gioiosamente l’idea dell’eterno ritorno solo se si è superuomini.

3 IL NICHILISMO: gli scritti successivi sono dedicati all’analisi della morale. Questa riflessione porta Nietzsche in un primo tempo a mettere in discussione ogni morale (nichilismo), poi a proporre una nuova concezione con l’opera non portata a termine intitolata Volontà di potenza. Il denominatore comune di questa fase è la tra svalutazione di tutti i valori per cui il bene è ciò che mortifica l’uomo e il male è ciò che lo potenzia e lo esalta. In realtà egli non propone nuovi valori, ma un nuovo modo di concepire i valori negando il concetto stesso di morale. Lo scritto al di là del bene e del male, spazia dall’analisi della morale alla critica delle certezze della scienza. In quest’opera Nietzsche rielabora e generalizza la contrapposizione tra dionisiaco e apollineo, per teorizzare l’opposizione tra morale di signori e morale degli schiavi. Nella seconda predomina la rassegnazione, la passività e la rinuncia; nella prima invece predomina la gioia di vivere, la forza e l’intraprendenza. La morale degli schiavi consiste nell’ubbidire a norme date dall’esterno; la morale di signori nel creare dei valori, nel fatto che l’individuo stesso è il fondamento della morale. L’origine della morale viene analizzata nella Gaia scienza opera che si sviluppa come discorso unitario, articolato in tre dissertazioni. Le prime due prendono in esame i fondamenti della morale, rispettivamente le nozioni di Buono e Malvagio e di Buono e Cattivo, e i concetti di colpa e cattiva coscienza; la terza prende in considerazione gli ideali ascetici in tutte le loro forme. Secondo questa concezione cattivo indica tutto ciò che è debolezza, malvagio invece è ciò che la morale dei deboli ha considerato tale, e dunque, in realtà indica i valori vitali e positivi. In fatti per Nietzsche la morale ha ridotto la competizione e il rischio propri dell’esistenza, ma al tempo stesso ha soffocato la vitalità dell’individuo. Secondo Nietzsche la morale in generale ha origine dalla repressione degli istinti vitali, aggressivi. L’aggressività, non potendo esprimersi all’esterno, si rivolge verso l’interno e crea una disposizione a produrre valori e significati compensativi. Questo processo reattivo si associa a sentimenti antivitali di colpa, la cui radice è la scissione dell’uomo, che rivolge i propri istinti contro se stesso. La via di uscita proposta da Nietzsche è un recupero degli istinti vitali per dare senso al mondo. Il mondo non ha, in sé, nessun valore: è l’uomo che deve conferirglielo e una morale nuova non può che fondarsi sull’uomo stesso nella sua integralità. Questa concezione è denominata volontà do potenza. Egli propone un nichilismo che coinvolga anche l’ambito conoscitivo. Egli mette in discussione la nozione di verità oggettiva e la legittimità stessa dei concetti di soggetto e oggetto. Giunge in questo modo a un nichilismo radicale, che coinvolge la morale e la scienza. La negazione di qualsiasi valore del mondo in sé conduce a un nichilismo attivo, in quanto consente di considerare se stessi come fondamento di ogni valore: il mondo non ha un senso, è l’uomo, il singolo individuo che deve darglielo.

4 LA VOLONTA’ DI POTENZA: il nichilismo attivo è la premessa della volontà di potenza, espressione dell’olteuomo. Quella della volontà di potenza tuttavia non è una teoria organica e compiuta in quanto Nietzsche ne traccia le linee generali. Il concetto di volontà di potenza è molto ampio e risente anche dell’influenza dell’evoluzionismo di Darwin. La volontà di potenza è una forza naturale presente in tutti gli esseri viventi, è l’impulso irrazionale e istintivo a espandere il proprio essere (istinto proprio anche degli animali). Il leone che mangia la gazzella afferma la propria volontà di potenza anche se a danno di una altro essere. La volontà di potenza sostituisce completamente la morale. Il comportamento di ogni essere può venir spiegato in termini di volontà di potenza, di affermazione di sé, di potenziamento della propria energia vitale. Nell’uomo però questa pulsione si scontra con la morale che tiene a freno l’impulso. La tra svalutazione, l’inversione di tutti i valori è una riaffermazione della volontà di potenza contro ogni morale. Tra l’ottobre del 1887 e l’estate del 1888 Nietzsche inizia ad organizzare degli scritti che sarebbero dovuti essere riuniti in un opera intitolata Volontà di potenza, ma egli rinunciò alla realizzazione di un’opera unica, utilizzando invece gran parte di questo materiale per la stesura di una serie di saggi, raccolti sotto il titolo di Trasvalutazione di tutti i valori. Il primo volume di questa raccolta di saggi è L’anticristo, seguito da il crepuscolo degli idoli, il caso Wagner ed Ecce homo. L’anticristo è una lunga invettiva contro il cristianesimo ritenuto responsabile di aver esaltato la morale della rinuncia e del risentimento contro quella della verità e si conclude con una condanna che presenta in appendice una legge contro il cristianesimo, in cui la storia sacra viene definita maledetta e che auspica una società in cui i preti siano banditi. Con Il crepuscolo degli idoli si teorizza la distruzione di ciò che fino ad ora era stato chiamato verità, cioè della scienza e del pensiero della modernità. In generale la volontà do potenza si oppone alla morale nel suo complesso, rivalutando gli impulsi naturali contro le scelte razionali. L’uomo non agisce per realizzare dei fini, ma per accrescere il proprio essere, la propria energia vitale. A partire dalla nozione di volontà di potenza Nietzsche elabora negli ultimi anni una concezione nota come prospettivismo. Ogni individuo è punto di riferimento e origine di valori, in quanto esprime una prospettiva particolare sul mondo. Secondo questa concezione il mondo ha una molteplicità di significati, diversi per ciascun singolo individuo. La volontà di potenza è quindi un rifiuto di significati già assegnati, di ogni fede, in ambito sia morale sia conoscitivo. La conoscenza deve essere ricondotta a una pluralità di prospettive, di interpretazioni. Secondo Nietzsche il significato del mondo è dato dal soggetto individuale. Inoltre la coscienza dipende anche dalla volontà e dalle passioni. Infine la prospettiva con cui si guarda il mondo varia per l’individuo stesso, a seconda dei sui stati d’animo e di come egli è. La volontà di potenza non è la semplice affermazione dell’istintività, ma il recupero dell’individuo come totalità, come riappropriazione del proprio essere naturale e di ciò che la morale aveva represso. Per l’oltreuomo la volontà di potenza è dare al mondo il proprio significato ed esprimere nel mondo se stessi. La morale ha come punto di riferimento un mondo vero, oggettivo, provvisto di un senso proprio. La volontà di potenza è negazione di un mondo esistente di per se, affinché l’uomo stesso diventi senso del mondo.

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