Il Realismo
La pittura di paesaggio attirò un numero sempre crescente di artisti verso la ricerca di un rapporto diretto con la realtà. La natura sempre più divenne una fonte di sensazioni spontanee, pure, libere dai condizionamenti sociali. Questo realismo fu comunque una diretta continuazione degli intenti dell’arte romantica e pertanto ritenuto in un certo senso un romanticismo con nuove convenzioni e postulati di verosimiglianza: il dato concreto (persino il brutto) privato di ogni valore simbolico, divenne il fondamento di questa nuova estetica. La maggiore differenza nei confronti del romanticismo si evidenziò nell’indirizzo scientifico della nuova tendenza, nell’applicazione dei criteri delle scienze esatte, ossia dell’indagine scientifica, alla rappresentazione artistica della realtà. la ricerca della verità fu condotta in Francia da pittori realisti come Courbet, Millet. Fonte principale della nuova dottrina, incentrata sulla riproduzione oggettiva della realtà, fu ritenuta l’esperienza politica della generazione del 1848.
Courbet
Nacque a Ornans nel 1819 e morì in Svizzera, a Tour de Peitz nel 1877. Approdò ventenne a Parigi, dove partecipò attivamente alla vita politica ed intellettuale del suo tempo. Fu considerato il primo artista moderno e il più grande dei pittori definiti realisti per la sua scelta di un’arte vera, concreta, rappresentante la realtà senza finzioni. Guardava la realtà senza veli e, attraverso i suoi quadri, agiva politicamente, osservando, denunciando, ironizzando, sottolineando le contraddizioni del mondo in cui viveva. Il suo realismo rispondeva alla necessità di prendere coscienza della realtà nelle sue lacerazioni e contraddizioni, di immedesimarsi in essa, di viverla, di formarsi una nozione oggettiva della situazione utile a non trasformare l’ideologia in utopia. Dipingere la realtà senza ipocrisie significava non arrestarsi di fronte anche ai soggetti estremamente umili, in un’epoca in cui il pubblico era ancora abituato ai quadri con soggetti mitologici, con dei dell’Olimpo, con eroi della storia. Courbet e i pittori della sua generazione affrontarono invece il mondo della gente comune. Nei suoi quadri realisti criticamente rivelava il vero volto della povertà e dell’emarginazione: le sue opere fecero scandalo sia per i soggetti riprodotti che per il modo di procedere, privo di abbellimenti. Un quadro molto importante è lo Spaccapietre, nel quale rappresentava impietosamente la realtà del manovale intento a frantumare dei sassi, con toppe sugli abiti, calzini bucati, un misero pasto ad attenderlo. Il suo realismo era morale, prima che estetico, non imitazione ma semplice constatazione del vero.
Millet
Il suo realismo era rivolto alla vita dei campi, luogo dell’agire umano. Scelse questo mondo perché ancora conservava l’integrità morale perduta dal cittadino urbano. L’etica e la religiosità del lavoro rurale furono pertanto i temi dominanti di tutta la sua opera e per la prima volta nelle sue opere un lavoratore fu presentato come protagonista della scena, come eroe morale. I suoi dipinti sono considerati poemi bucolici. Millet non espresse nelle sue opere né la polemica realista di Coubet, né la satira sociale di Daumier. Con Millet il realismo regredì al naturalismo romantico, dai contenuti poetici, dalle penombre avvolgenti figure e paesaggio, dai suggestivi effetti di luce,dai motivi patetici. Tra le sue opere più celebri l’Angelus, olio su tela, espressiva della profonda religiosità dell’animo dei contadini, raccolti in preghiera, al rintocco della campana della chiesa lontana. Le figure apparivano immobili e sospese, imbevute delle prime ombre crepuscolari, nell’atmosfera calda e dorata del tramonto.
Dumier
L’arte fu per lui lo strumento di una volontà di lotta. Scelse pertanto l’azione politica impegnata per la libertà e
Il Realismo italiano dei Macchiaioli
Il luogo di incontro di questa schiera di intellettuali era il centralissimo Caffè Michelangiolo, dove le serate si infiammavano su discussioni di politica e di arte. a Firenze era possibile incontrare pittori stranieri più all’avanguardia, come Camille Corot, Edouard Manet, Edgard Degas, e visibili dipinti di Delacroix nella villa del principe russo Demidoff. Il gruppo del Caffè Michelangiolo ebbe in Telemaco Signorini, l’ideologo impegnato a definire i principi della nuova pittura. Fu lui a trarre dal nomignolo di macchiaioli, lo spunto per sviluppare l’idea della macchia. La data ufficiale di nascita della pittura a “macchia”convenzionalmente si fa risalire al 1856, e l’indirizzo del movimento macchiaiolo fu quello di avversare la lettura delle forme tramite precise linee di contorno disegnate che le isolassero dal contesto naturale. Secondo i giovani artisti la luce quando colpiva gli oggetti veniva rinviata all’ occhio come colori organizzati in masse contrapposte, che apparivano come macchie. La macchia costituiva quindi la prima impressione di contatto visivo con la realtà, il dipinto conseguentemente proponeva una composizione di macchie di colore per restituirne l’immagine. I dipinti dei macchiaioli, se pur privi del disegno, avranno quindi solidità e risulteranno ben strutturati in macchie, con campiture più o meno estese di colori elementari.
Telemaco Signorini
L’artista fu un attento osservatore di tutto ciò che vide e la sua pittura rappresentò le immagini esattamente come gli apparvero all’occhio ossia fatte di macchie di colore in contrasto, stese in larghe e veloci pennellate piatte. Le forme, i volumi, e anche i contorni furono creati da questi accostamenti di colore. Dopo anni di sperimentazione macchiaiola e dopo la serenità dei paesaggi campestri e delle scene di vita quotidiana, affrontò opere di impegno e denuncia sociale nelle quali registrò la drammaticità oggettiva del dato reale, una provocatoria trilogia per l’ipocrisia borghese.
Giovanni Fattori
Fu considerato il caposcuola del movimento. Aderì al movimento ricercando un approccio continuo e libero da condizionamenti con la natura e la società, nel rispetto dei principi morali che sempre lo guidarono sia nell’arte che nella vita. Egli voleva indagare la realtà. Pertanto la macchia rappresentò lo strumento che rese possibile conseguire i risultati di verismo pittorico perseguiti. quando dipinse i paesaggi e il lavoro umano, l’artista espresse il meglio, manifestandosi come attento e grande interprete moderno della realtà toscana. Fattori studiò il mondo nel quale visse e lo rese nel dipinto, filtrato attraverso la sua personalità. Nei suoi quadri di paesaggio colpiva generalmente l’intensa luce mediterranea della costa livornese. Nei quadri che proponevano il duro lavoro dell’uomo e dell’animale i protagonisti risultavano essere la maremma toscana, i buoi, i butteri, i contadini. Nell’ultimo periodo di attività l’artista continuò ad insistere sul verismo e sui contenuti sociali.
Nessun commento:
Posta un commento