Introduzione al 700
Il Settecento europeo si apre con il trionfo della monarchia assolutistica di Luigi XIV e si chiude con la rivoluzione francese e le prime conquiste di Napoleone. La ragione ha nella scienza la sua espressione perfetta, tanto che ogni realtà, viene affrontata da un punto di vista scientifico. Ma alla scienza è connessa la tecnica, e a quest’ultima il lavoro e la produzione, ossia la struttura della società. Nel XVIII secolo, quindi, la fiducia nel progresso e l’esercizio critico della ragione, promosse l’uguaglianza tra gli uomini, la tolleranza politica e religiosa, l’internazionalismo della cultura. Si avranno aperture e riforme: nel Granducato di Toscana sotto la casa Asburgo-Lorena, nel Ducato di Parma e Piacenza sotto l’intenso fervore culturale del regno di Filippo di Borbone e di sua moglie Luisa Elisabetta nonché del loro ministro Du Tillot, in Lombardia per l’accorta e illuminata gestione austriaca che produrrà anche lo sviluppo di un brillante ambiente intellettuale illuministico a Milano, nel Regno di Sardegna sotto la guida di Carlo Emanuele III. Il tema fondamentale del secolo è , la chiarezza razionale contro l’oscurità dell’ignoranza e della superstizione. L’Illuminismo applica anche all’arte il suo metodo di analisi razionale e di revisione critica delle concezioni del passato, giungendo da un lato ad aderire ai canoni classici, visti come limpida espressione della razionalità umana e, dall’altro, a considerare l’importanza delle sensazioni in rapporto al fenomeno artistico e a formulare delle concezioni estetiche fondate sul valore dell’immaginazione, del gusto, della sensibilità e del sentimento. La cultura settecentesca si esprime, in campo artistico, nella contrapposizione del pittoricismo al classicismo o del naturalismo all’idealismo. La scienza diviene l’attività pilota rispetto alla quale l’arte si organizza secondo tre possibilità, rapportate a tre stadi storici: differenziandosi, sviluppando fino alle estreme conseguenze le proprie tecniche tradizionali (il Roccocò), adeguandosi adottando metodi di ricerca scientifici, fondarsi essa stessa come scienza autonoma del bello, estetica (il Neoclassicismo).
Il Roccocò
Lo stile detto del “Rocaille” o “Rococò” fu uno stile architettonico e decorativo che si sviluppò, in Francia, durante il regno di Luigi XV. Il termine rocaille indicava in origine un tipo di decorazione a forma di conchiglia, adottata per ornare le grotte artificiali e i padiglioni dei giardini barocchi. Prevalse il gusto per i soggetti più leggeri e piacevoli, di piccole dimensioni, per i particolari minuti e raffinati, per i colori morbidi e ariosi. Il termine definì uno stile ben preciso, dai caratteri omogenei e riconoscibili diffusosi in Europa nella prima metà del Settecento e divenuto il gusto preferito delle corti, particolarmente in Germania e in Austria. Il Rococò riflette il gusto di un’aristocrazia e di un’alta borghesia spregiudicata e cosmopolita, vivace ed edonistica. In architettura si fece strada il nuovo principio dell’appropriatezza, ossia la coerenza delle forme alle esigenze: gli edifici si articolarono meglio per rispondere alle funzioni previste, le facciate subirono una semplificazione ed uno spianamento, vennero eliminati i forti contrasti, attuata una sostanziale indipendenza tra interno ed esterno.
Juvarra
Nacque a Messina nel 1678 dal padre Pietro, abile orafo, e morì a Madrid nel 1736. Si formò a Roma, come allievo di Carlo Fontana e divenne esponente di primo piano della cultura architettonica italiana. L’attività teatrale iniziale come scenografo e come progettista di apparati cerimoniali lo avevano abituato a scelte grandiose e a ricercare, nelle sue opere, l’effetto spettacolare, ricorrendo all’applicazione di tutti gli espedienti prospettici, di illuminazione, di stile, posseduti. Nella definizione e progettazione delle forme architettoniche e degli ornamenti degli edifici, per lui era fondamentale il rapporto di dipendenza che si creava tra questi aspetti e il contesto ambientale e paesaggistico nel quale l’opera doveva inserirsi. Lo spazio costituiva per lui una materia duttile, fatta di luce ed atmosfera, che l’artista poteva plasmare come voleva. Nel 1717 iniziò la costruzione della Basilica Superga: il primo monumento rappresentativo che dominava da oriente l’intera città, circondato da un vasto spazio aperto. L’edificio si muoveva col variare del punto di vista e delle luci, offrendo immagini diverse del rapporto visivo-pittorico tra l’altissimo tamburo-cupola e il profondissimo e snello pronao del tempio rotondo, delimitato da otto colonne in marmo di Gassino. Si creavano effetti ottici nell’alternarsi di superfici curve e piane, di spazi aperti e chiusi. Juvarra nell’opera espresse la grande abilità di fondere temi architettonici estremamente diversi: il classicheggiante pronao corinzio, la slanciata cupola rinascimentale, i campanili barocchi borrominiani. La luce era l’ elemento fondamentale che l’artista utilizzava in funzione strutturale e scenografica, per l’individuazione degli spazi architettonici interni, dei volumi e delle superfici esterne.
Vanvitelli
Nacque a Napoli nel 1700 e morì a Caserta nel 1773. Iniziò l’attività seguendo le orme paterne, ma si affermò come architetto venendo considerato un precursore del Neoclassicismo. In effetti è già riconoscibile in lui un certo rigore classicheggiante che mitigava alcune fantasiose scenografie alle quali ci avevano abituato gli artisti barocchi precedenti. Venne nominato primo architetto della fabbrica di San Pietro e in questa veste realizzò un ingegnoso sistema di rinforzo della cupola. Nel 1751 fu chiamato a Napoli da Carlo III di Borbone che gli commissionò la costruzione della nuova Reggia di Caserta concepita sul modello di Versailles, sia come residenza reale che come sede degli edifici governativi. All’interno realizzò
La pittura veneta del 700
Il Settecento è il secolo dell’ultimo splendore della pittura veneziana, nel quale si riscontra:
- la contestazione dell’eredità seicentesca dei “tenebrosi”, ossia degli oscuri toni utilizzati
- la riscoperta della qualità luministica nell’uso dell’accostamento dei colori
- il ricorso al tocco di colore dato a corpo, con guizzi di luce
- il graduale passaggio ad un gusto più leggiadro, aereo e grazioso nelle forme
- il crescente successo della pittura di genere
- la vocazione alla pittura di paesaggio con una riproduzione commossa e precisa di città e paesaggi.
Guardi
Nacque a Venezia nel 1712 ed ivi morì nel 1793. Ultimo artista di rilievo del Settecento veneziano. Un pittore che diede una particolare versione della Veduta:. non vissuta come descrizione esatta ma come espressione di un’atmosfera, di uno stato d’animo, quindi percepita in senso romantico. Il carattere saliente della sua pittura era: nel tocco agile ed irrequieto delle minute macchiette, affollanti, con vivaci colori, le composizioni, nelle raffinate e poetiche luci crepuscolari, nelle atmosfere velate dalle tinte grigio azzurrine. Il suo tocco tendeva a stimolare il colore e frantumarlo in una miriade di schegge scintillanti.
Tiepolo
Nacque a Venezia nel 1696 e morì a Madrid nel 1770. Definito l’ultimo pittore barocco, frequentò botteghe di mediocri pittori e nelle sue opere si ricollegò alla tradizione cinquecentesca dei coloristi veneti, in particolare al Veronese.Realizzò infatti, nella sue opere, la sintesi delle tradizioni pittoriche venete in quanto: ripropose le aeree luminosità e leggerezze del Veronese, attraverso il ricorso a colori dai timbri squillanti e freddi, schiarì i toni cromatici dalla pesantezza barocca, riscoprì il valore autentico del colore, usato per giustapposizioni in modo da ottenere la massima luminosità, ricercò accordi cromatici sempre nuovi, promosse il tocco lieve e trasparente della pennellata. Egli era uno specialista di affreschi, un pittore di vasto respiro, sensibile ai colori luminosi e ai tagli compositivi grandiosi e singolari. La sua pittura concepita in modo teatrale e movimentato visualizzava il gusto edonistico dell’artista per la bellezza delle forme e dei colori. nei disegni promosse l’immediatezza espressiva, grazie a pochi tratti di penna o matita e a qualche veloce velatura ad acquerello o macchia. Tiepolo riuscì con poco a realizzare: personaggi fortemente caratterizzati compositivamente e l’espressività di una luminosità straordinaria, quasi innaturale. Negli affreschi partì sempre dall’ architettura, all’interno della quale inseriva i personaggi. sfondò prospetticamente le pareti e i soffitti, immaginando al di là di essi altri spazi infiniti, luminosi e profondi, sempre popolati da una folla di personaggi mitologici classici. Si fece trainare dalla prospettiva, di cui era ottimo tecnico, fin dove glielo consentiva, proseguendo poi oltre con rapporti cromatici e luminosi, in quanto identificherà l’infinità dello spazio con l’infinità della luce. La luce era la protagonista assoluta dei suoi affreschi sprigionantesi dal rapporto dei colori complementari. Poiché la somma di due colori complementari dava teoricamente il bianco, Tiepolo dipinse giustapponendo il più possibile coppie di complementari allo scopo di ottenere come risultato finale l’accordo cromatico. Si avvalse di colori schiariti, di forti risalti tonali e stacchi di colore netti e improvvisi, di lumeggiature, che utilizzò per creare fantastici spazi scenografici, con vaste cavità nei fondi. con il moto dei colori l’artista determinò un effetto di luce assoluta e radiante che avvolgeva oggetti e personaggi ) e creava un effetto complessivo di sfolgorante luminosità e inverosimiglianza , di raffinato decorativismo.
Canaletto
Nacque a Venezia nel 1697 ed ivi morì nel 1768. Fu sia incisore che pittore di indimenticabili “vedute”. Nel 1719 soggiornò a Roma dove conobbe il paesaggismo romano che lo portò a preferire preferendo la scelta di un’atmosferica veduta dal vero. Tornato a Venezia definitivamente nel 1756, lavorò per mercanti d’arte inglesi e si dedicò al vedutismo, ossia al documento oggettivo della realtà, affrontato con un rigoroso uso della prospettiva, con l’impiego della camera ottica e con una tecnica rigorosa e razionale. L’artista diede vita ad immagini pittoriche estremamente vive, nitide e precise nei particolari, concepite come vedute reali di uno spazio, percepito dalla mente attraverso l’organo della vista. Egli realizzava precise riproduzioni della realtà. Era un realismo che abbandonava ogni tentazione scenografica illusionistica e i colori puri, di tonalità chiara, simulavano la luce tersa e razionale che distingueva le componenti della scena. L’esecuzione pittorica delle opere era poi controllatissima, realizzata con piccoli e nitidi tocchi di colore, di intensa e calda luminosità, senza impasti chiaroscurali, senza spessori. La prospettiva che l’artista proponeva aveva la particolarità di non presentare l’allontanamento dell’immagine, bensì realizzava il suo avvicinamento: il punto di fuga all’orizzonte non attirava le sembianze per inghiottirle nell’indistinto della distanza, le faceva emergere dall’indistinto e le guidava verso lo spettatore.
La veduta del Canaletto sembrava prolungare lo spazio esterno verso l’osservatore.
Il Neoclassicismo
Il Neoclassicismo cronologicamente si situa tra la metà del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento. Nel periodo temporale considerato il movimento culturale evidenziò due fondamentali fasi: quella prerivoluzionaria e rivoluzionaria e quella imperiale legata alle fortune napoleoniche e identificata come stile impero. Il movimento non si caratterizzò quindi come omogeneo, tuttavia negli artisti risultò comune: l’opposizione agli eccessi di chi li aveva preceduti, la ricerca di rigore e chiarezza nella cultura classica, l’influenza del pensiero razionalista illuminista sulle arti. La cultura illuminista del Settecento, avendo espresso come carattere essenziale la fede nella ragione umana, aveva indubbiamente promosso una forte opposizione razionalistica all’arte-immaginazione Barocca. All’ideale barocco della tecnica virtuosa succedette quello neoclassico della tecnica rigorosa. si poté parlare di vero e proprio Neoclassicismo solo a partire dalla metà del secolo, dopo la sua teorizzazione da parte dell’archeologo Winckelmann e del pittore Mengs. I due tedeschi formularono i principi del Neoclassicismo inteso come imitazione dell’arte classica. Per loro l’opera d’arte doveva rappresentare una sublime espressione di rigore, razionalità, armonia. Doveva quindi esprimere il bello ideale. I teorici poi rintracciarono il modello di bellezza ideale nell’arte greca. L’artista neoclassico perseguì quindi il fine estetico prefissosi, quello del bello ideale, procedendo con la tecnica rigorosa del progettare. Da subito il Neoclassicismo ricercò anche l’autonomia dell’arte dalle altre discipline, in quanto ritenne che l’arte fosse espressione dotata di una propria legge razionale, e pertanto sostenne la sua non strumentalizzazione politica-religiosa. Poiché obiettivo dell’arte era il bello il movimento neoclassico sancì la sostanziale autonomia delle sue espressioni artistiche grazie all’affermazione della filosofia dell’arte od estetica che esaminò l’attività artistica in rapporto ai suoi aspetti filosofici, storici o sociali. L’arte era quindi un modo di comportamento. L’artista neoclassico, affermò l’autonomia dell’arte e non si estraniò mai dalla propria realtà storica, anzi intervenendo tese a modificare la realtà oggettiva sia nelle cose concrete sia nel modo di prenderne nozione e coscienza. La natura fu percepita come oggetto di ricerca conoscitiva dell’ambiente dell’esistenza umana condotta razionalmente. Per gli architetti neoclassici si assistette al passaggio dall’edificio come monumento all’edificio come espressione di una funzione sociale pubblica. Ogni singolo progetto si iscriveva in un piano di riforma urbanistica che considerava lo sviluppo del tessuto sociale e funzionale della nuova città. Anche gli scultori neoclassici lavorarono per la città, realizzando statue, decorazioni e grandi figurazioni storiche. La scultura costituì per i neoclassici il campo di studio più incisivo del mondo classico, specialmente attraverso la copia dei gessi di sculture antiche. Spesso il rigoroso artista neoclassico, sviluppato il progetto, demandò a tecnici qualificati l’esecuzione dell’opera. I due centri maggiori dell’Europa neoclassica furono Roma e Parigi, i due massimi protagonisti il Canova e il David.
Canova
Il maggiore scultore europeo dell’età classica fu Antonio Canova, che interpretò le aspirazioni al bello ideale e alla rinascita dell’arte antica proprie del periodo. Canova incarnò i principi neoclassici di Winckelmann sia nel disegno sia nella scultura. Dopo un apprendistato veneziano egli divenne il più brillante rappresentante della scultura classicista. Frequentò la scuola di nudo all’Accademia e nei disegni dal vero espresse un’attenzione costante ad acquisire confidenza con i soggetti ritratti e costruire una casistica ampia di atteggiamenti, posizioni ed espressioni da impiegare successivamente. Il modellato dei suoi bozzetti si rivelò sempre impulsivo ed evidenziò immagini di grande intensità visiva. La scultura risultò perfettamente levigata, con un chiaroscuro finemente graduato e chiaro. Nelle sue creazioni pervenne a tale bellezza ideale tramite l’acquisizione della massima padronanza della tecnica scultorea e utilizzando il marmo come unico materiale, ritenuto il più adatto, per rendere al meglio, la morbidezza e flessibilità della carne. Per esaltare queste caratteristiche l’artista spesso ricorse anche al trattamento con cera rosata e utilizzando il marmo come unico materiale, ritenuto il più adatto, per rendere al meglio, la morbidezza e flessibilità della carne. Per esaltare queste caratteristiche l’artista spesso ricorse anche al trattamento con cera rosata. Nel Monumento funebre a Maria Cristiana d’Austria Canova affrontò il tema della morte. Utilizzò la piramide come simbolo della morte e della tomba, ossia la forma più antica di monumento funerario. Si servì di uno schema compositivo rigidamente geometrico e piramidale ma anche asimmetrico , e di uno spazio poco profondo in cui le figure progressivamente salgono e si addentrano verso la soglia buia della morte con un ritmo lento e malinconico. I primi alla chiamata saranno i fanciulli, poi le giovani donne, ultimo il vecchio che invano l’ha invocata.
David
Fu il grande protagonista della cultura neoclassica europea. David fu l’assertore dell’ideale etico dell’uomo eroe, che assumeva in sé l’impegno di liberare la patria, con una sicurezza provenientegli dalla coscienza della propria dignità umana e dal dovere. Operò una radicale riforma dell’arte attraverso un rigoroso ritorno all’antico, recuperato come modello di virtù civile, giustizia e bellezza, e divenne massimo esponente della pittura patriottica e ufficiale della Rivoluzione Francese e poi dell’epopea dell’Impero Napoleonico.Compì i suoi primi studi nella capitale francese, poi soggiornò per diversi anni a Roma dove arrivò a dichiarare che “a Roma fui vergognoso della mia ignoranza”. David affermò la necessità di formarsi soprattutto studiando le sculture classiche, in questo modo l’artista riuscì a maturare quel rigore e quella nitidezza formale necessarie per dare alle sue forme dipinte la fissità, la durezza, l’immutabilità del marmo. l’artista si proponeva nel disegno solo la chiarezza del segno e la semplificazione dell’immagine per mezzo del contorno netto e della linea. Nel Giuramento degli Orazi (1785) egli rappresentò il trionfo dell’ideale etico dell’uomo eroe, proprio degli anni prerivoluzionari e rivoluzionari, da lui considerato manifesto negli antichi eroi romani. La scena del giuramento dei tre fratelli a cui partecipò con determinazione il padre, sorreggendo le spade, si sviluppò nell’atrio di una casa romana, in uno spazio ridotto inondato dalla luce solare. Le tre arcate nel fondo individuavano tre gruppi con momenti psicologici differenti. Al centro dominava isolata la figura del padre che sollecitava il giuramento ai figli. consapevole dei rischi, e che, con il suo rosso mantello, richiamava l’attenzione su di sé, mentre elevava in alto le spade dei figli. Nel pugno che le sosteneva convergevano tutti i raggi prospettici e le braccia tese dei fratelli. A sinistra i tre giovani raffigurati uniti in un abbraccio solidale. A destra l’angoscia silenziosa delle donne, abbandonate nel dolore e nella rassegnazione. Più arretrata la madre degli Orazi che proteggeva e copriva i due figli più piccoli. Nell’opera emergeva una decisa distinzione tra la fermezza maschile e l’abbandono femminile ai sentimenti. La luce svolgeva una precisa funzione espressiva, in quanto provenendo da un lato, creava ombre portate che accentuavano il risalto delle figure. David rappresentò il giuramento, che precedeva l’azione e illustrava l’amor di patria.
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