mercoledì 29 luglio 2009

Arte: LE ESPERIENZE PARALLELE DI TRE GRANDI SOLITARI, INIZIATORI DELL’ARTE MODERNA: CÉZANNE, VAN GOGH E GAUGUIN

Cézanne

In una prima fase si ispirò ai classici del passato per realizzare un’arte da museo, poi partecipò per un breve periodo al gruppo impressionista ma esprimendo una posizione differenziata rispetto al movimento. Negli anni ottanta la sua tavolozza si ridusse a coppie di colori complementari e l’immagine divenne bidimensionale e gli oggetti sfumarono nei contorni, si dissolsero gli uni negli altri (tecnica del passage). Col tempo la sua pittura divenne sempre meno naturalistica e le figure furono schematizzate nei contorni da linee nere. L’artista volle essenzialmente superare il “provvisorio” degli impressionisti con una pittura concreta e definita: l’arte doveva rendere duraturo il “brivido” dell’ impressione, doveva ricercare ed esprimere con i colori e le luci assorbiti dagli oggetti, la certezza durevole della forma bloccata. Egli studiò la natura con scrupolo. L’obiettivismo impressionista, affidato essenzialmente alla registrazione pura delle impressioni, fu quindi messo da parte: in Cézanne c’era la mediazione, la riflessione interiore. La nuova realtà era una costruzione della coscienza attraverso l’esperienza viva (la sensazione). Il suo colore era un’energia vitale che riusciva a rendere vive le cose proposte nel quadro. La sua pittura era costruita mediante il colore, utilizzando una pennellata piatta che lo portava a semplificare le forme.Ebbe inizio con lui una nuova soluzione del problema della prospettiva, in quanto l’oggetto giaceva, all’interno del quadro, in prospettive diverse, che lo deformavano. Nella sua pittura la struttura era, quindi, il tessuto coloristico, risultante dalla divisione del colore locale nelle componenti calde e fredde e dalla relativa combinazione nel ritmo costruttivo delle pennellate.


Van Gogh

I suoi quadri erano di un realismo carico di contenuto sociale, realizzati con colori scuri e bituminosi. la linea non era descrittiva, ma svolgeva una funzione essenzialmente espressiva: le forme risultavano sintetizzate con pochi tratti di straordinaria forza. A Parigi l’artista fu conquistato dalle tele luminose degli artisti dai quali ne colse con entusiasmo la teoria e la tecnica. A Parigi iniziò a dipingere vedute di città, vasi di fiori, ritratti, con colori più chiari e brillanti, utilizzando a volte la pennellata veloce degli impressionisti, a volte quella più meticolosa dei divisionisti. Trasfigurò la realtà utilizzando turbinii di linee che flettendosi tendevano ad esprimere tensione, di luci e colori che si davano come espressione di stati d’animo. I colori subivano per l’artista delle trasformazioni, per assicurare verità ed autonomia al dipinto. L’artista scrivendo:”Il colore esprime qualcosa in sé” affermò il bisogno di realizzare un’arte che non proponesse la verità apparente delle cose, ma la vera sostanza, attraverso le deformazioni e le inesattezze, i mutamenti del vero, i colori psicologicamente violenti. Per effetto dei rapporti e dei contrasti di forze ottenuti con i colori le sue immagini tendevano così a deformarsi, distorcersi, e lacerarsi.

GAUGUIN

Autodidatta in arte egli incarnò il distacco dell’intellettuale da una società irrimediabilmente perduta, attraverso l’evasione grazie al mito del buon selvaggio e il trasferimento fisico in terre esotiche, unico rifugio dalla “civiltà” occidentale. Per l’artista il mito del selvaggio e del primitivo costituiva una parte della ricerca affannosa di se stesso,della propria felicità e natura umana, fuori dall’ipocrisia, dalle convenzioni, dalle corruzioni. Con ogni linea e con ogni colore l’artista poteva creare stati d’animo differenti in ogni spettatore, agendo sui sensi. Nell’ultimo periodo il suo universo figurativo diventò più semplice, più archetipo e monumentale, basato su singole figure e gruppi familiari, su magnifiche nature morte e coloratissimi paesaggi. Giunse a considerare ogni opera una trasposizione appassionata, “una caricatura” di una sensazione ricevuta.

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