mercoledì 29 luglio 2009

Arte: l'Impressionismo

L’Impressionismo

Nell’estate del 1869 due giovani pittori amici Claude Monet e Pierre Auguste Renoir, lasciarono Parigi per trascorrere l’estate in un vicino paesino di campagna, dipingendo a contatto col vero. Del luogo eseguirono, quasi ossessivamente, più vedute, anche simili, in modo da riuscire a rendere l’acqua e i mille riflessi della luce. L’impressionismo nacque ufficialmente nel 1874, anno della mostra di alcuni pittori indipendenti. Fino ad allora i bozzetti dipinti en plein air, ossia all’aria aperta, erano stati usati sempre come lavori preparatori per le successive realizzazioni pittoriche, compositivamente studiate in atelier. Nessuno aveva mai pensato di considerarli quadri finiti. Gli impressionisti avversavano questa tecnica elaborata, le regole prospettiche e le composizioni troppo studiate, perché ritenevano rendessero le immagini statiche e lontane dalla realtà. Loro propugnavano invece la riproduzione sulla tela delle impressioni dell’occhio di fronte alla natura e alle figure umane che si muovevano nel paesaggio, illuminato dalla luce naturale del sole in costante e rapido divenire. Nella loro produzione pittorica la realtà naturale fu resa nella globalità percettiva, in quanto pur se l’occhio vedeva oggettivamente per dettagli, la ragione trascurando il superfluo, permetteva loro di cogliere l’impressione generale, ovvero di operare la sintesi. La luce poi costituiva l’elemento necessario alla visione. gli impressionisti dipingendo constatarono la non esistenza del colore locale in quanto ogni colore era da considerare il prodotto dell’influenza dei suoi vicini, ottenuto in un concatenamento reciproco e continuo. Tutto ciò che gli impressionisti videro fu quindi in termine di luce e colore, ambedue percepiti però sempre cangianti. Furono per questo da loro avviate ricerche e studi sulle impressioni prodotte dagli oggetti colorati sul senso ottico. Le qualità cromatiche locali degli oggetti dipendevano dalla luce, che costituiva per questi artisti l’elemento oggettivo della visione, un elemento mobile, momentaneo, immediato, che produceva un’impressione della realtà, la registrazione della sua apparenza in quell’istante. secondo le moderne teorie di allora, la brillantezza era massima quando i colori complementari venivano accostati e le ombre in natura avevano il colore complementare a quello dell’oggetto che le proiettava. La tecnica pittorica impressionista si manifestò come tecnica di conoscenza proponente anche ricerche linguistiche sulla teoria delle ombre colorate e sulla giustapposizione dei colori complementari. Tutto il metodo impressionistico in definitiva mirò ad esprimere la realtà come divenire. La breve e intensissima stagione dell’impressionismo ebbe termine nel 1886, anno dell’ottava ed ultima esposizione del gruppo.


Manet

Si formò presso l’atelier di Thomas Couture. Manet apprese dal maestro la velocità nello stendere il colore, l’uso semplificato del colore puro, la consuetudine al disegno dal vero e il gusto per le immagini ben costruite, con figure sapientemente inserite nello spazio, anche se completamente nuovi risultarono i soggetti proposti, tratti dalla realtà senza abbellimenti ideali. Il grande dipinto che lo impose scandalosamente all’attenzione del pubblico, Colazione sull’erba, fu percepito dai suoi contemporanei come una beffa e indecente. Lo scandalo era dovuto non tanto al tema, quanto alla trasposizione dell’immagine storica in età moderna, con uomini che indossavano abiti del tempo e una donna reale, non già una divinità, che guardava senza imbarazzo verso l’osservatore. C’era qualcosa di ambiguo ed imbarazzante in tutta la scena, tuttavia forse lo scandalo maggiore fu generato dalle straordinarie novità pittoriche dell’opera: le figure si presentavano prive di volume. . Nel suo dipinto non c’era più distinzione tra le figure solide e lo spazio che le conteneva; tutto era dato con il colore che riusciva a rendere questa sensazione del reale autentica e pura, prima che l’intervento dell’intelletto la elaborasse e trasformasse, viziandola con i pregiudizi e le convenzioni.


Monet

Forse il maggiore esponente degli artisti impressionisti, sostenitore della pittura en plein air, immersa nella natura, e forse uno dei migliori interpreti dei paesaggi all’aria aperta. Nella sua lunghissima carriera restò fedele ai principi di una pittura sempre concentrata sulla pratica, sull’osservazione diretta, sull’esperienza materiale del colore e dei giochi di luce e di ombra, sulle vibrazioni atmosferiche, sugli effetti di disfacimento della materia. Per studiare le trasparenze dell’atmosfera e dell’acqua, la mobilità della luce e degli effetti cromatici, decise di trasferirsi sulle rive della Senna, alle porte di Parigi. Il motivo fluviale ma anche il mare, e più generalmente l’acqua, furono soggetti apprezzati dall’artista e scelti soprattutto perché escludevano la stabilità dei piani prospettici e l’illuminazione fissa favorendo invece lo studio delle rifrazioni, delle diffrazioni, dei riflessi e delle dissolvenze nello spazio fenomenico naturale. Monet nella resa pittorica dell’acqua arrivò ad esprimere la percezione dei riflessi degli oggetti con una concretezza non dissimile dalla stessa percezione dell’oggetto reale.


Renoire

Fu allievo di Charles Gleyre. La sua pittura fu inizialmente più incline al paesaggio ed era molto sensibile alle presenze umane pur nell’indeterminatezza delle piccole e veloci pennellate. Dopo un periodo di adesione completa alle idee di Monet ) la sua pittura si orientò sempre più con successo verso i ritratti e la rappresentazione di soggetti umani. Negli anni Ottanta entrò in crisi la sua visione impressionista della realtà, nella quale tutto si limitava alla sensazione dell’attimo. Il colore si fece più denso, quasi solido e a poco a poco sparirono i riferimenti col presente. Nel dipinto Le grandi bagnanti riprese il tema classico del nudo femminile nel paesaggio, accanto ad una fonte d’acqua, modernizzandolo nella figura femminile, contemporanea e cittadina.



Degas

Il disegno costituì per lui il mezzo per fermare le idee sulla carta. Non rifiutò mai la tradizione ma la rielaborò utilizzandola sui soggetti del tempo e creando un effetto di spaesamento. Nei primi anni di carriera propose essenzialmente scene di combattimento tra uomini e donne, con soggetti storici, dove si esercitò nello studio dell’anatomia dei corpi nudi in battaglia. Nella seconda metà degli anni Sessanta abbandonò i soggetti storici per il mondo contemporaneo, che rappresentò in tutti gli aspetti. La sua pittura doveva rendere quell’immagine istantanea in cui occhio e mente ancora non operavano la separazione della cosa in movimento dallo spazio in cui essa si muoveva.

Utilizzò per le rappresentazioni un segno agile con il quale esplorare la dinamica del movimento, sperimentò senza sosta tecniche e soluzioni nuove, creò inediti accostamenti e impensabili combinazioni cromatiche.

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